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Rimini e dintorni: al mare si andava in colonia

colonia riminiFino agli anni Sessanta per la maggior parte dei bimbi italiani andare al mare voleva dire andare in colonia, a marzo a scuola le maestre distribuivano dei moduli da compilare e intere classi alla fine di giugno partivano per un mese di colonia. Le mamme passavano il mese di maggio a cucire il numeretto identificativo sulla biancheria, infatti insieme al modulo veniva consegnato anche un elenco del piccolo corredo di vestiti da portare in colonia.

Ricordo il treno che ci metteva quasi un giorno per fare Milano – Rimini e la grande colonia, una specie di caserma, l’enorme cortile, le camerate, la mensa.
Guardavo i pochi bambini che passeggiavano con i genitori sulla riva del mare, mentre noi stavamo sotto le tende, a giocare con la sabbia.
Una volta la settimana andavamo in un aula a scrivere la lettera a casa, lettera che veniva rigorosamente letta dall’assistente, e i giochi che facevamo con i noccioli delle pesche. Contavamo i giorni che mancavano per tornare a casa e il giorno più bello era quello della partenza.
Sono passati quasi cinquant’anni, ma no, non è un bel ricordo….” (testimonianza personale Maria Adele Colosetti classe 1953).

Negli anni Venti, con il sole e il mare ormai simboli di rigenerazione e dispensatori di energie vitali, il regime fascista deciderà di sposare l'assistenza pubblica con la possibilità di propagandare e di massificare l' educazione fascista, in una maniera efficace e coerente ai suoi programmi di ricostruzione sociale e morale dell’epoca.
Le colonie marine divennero uno dei principali puntelli della propaganda fascista a base di sole e di mare: una serie di gioiose palestre all'aperto allietate dal canto di Giovinezza, dove se i figli vi crescevano sani e contenti, i genitori dovevano essere grati al Duce.
Un lungometraggio realizzato negli anni Trenta dall'Istituto Luce documenta minuziosamente la vita nella colonia Pavese di Igea Marina, si comincia dall’alzabandiera del mattino fino alla preghiera serale prima di coricarsi, in mezzo vi sono l’igiene personale, elioterapia, bagno, ginnastica, merendina, pranzo, riposino, giochi sulla sabbia…
Questa campagna permise a più di 1.500.000 giovani di essere inviati in colonia o in campeggio negli anni Trenta.
Nel 1934 la nascita della colonie delle coste italiane era ormai avviata al suo epilogo, infatti la riviera romagnola vide l’inaugurazione di quattro strutture la colonia rimini anni60Novarese dell'ingegnere Peverelli, appartenente ai Fasci di combattimento di Novara dotata di 900 posti letto, la Colonia Bolognese con i suoi 2000 posti letto, la Colonia Amos Maramotti, poi Reggiana, dell'architetto Costantini con 494 posti letto, la colonia XVIII ottobre dell'ingegnere Busiri Vici , per i figli degli italiani all'estero a Cattolica, con 450 posti letto e la colonia Pavese a Igea marina, con 800 posti letto.
Inoltre nel 1937 fu creata la colonia Sandro Mussolini, ora Agip, a Cesenatico, dell'architetto Giuseppe Vaccaro che costituisce un esempio di ottima qualità dell' architettura razionalista del periodo.
 
Queste grandi opere del regime furono realizzate per il benessere del piccoli italiani, la cui salute era un vanto per i gerarchi e il Duce stesso che, durante i suoi soggiorni riccionesi, tra una nuotata e un fugace incontro in alto mare con l’amante Claretta Petacci, non si dimenticò mai di inaugurare o di visitare.
Anche gli altri gerarchi fascisti, seguendo l’esempio di Mussolini, andarono spesso in riviera per ispezionare e gratificare i bambini delle colonie con alcune pompose cerimonie che furono riprese dalla stampa e dai cinegiornali LUCE.

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