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Il ponte di Tiberio: un gioiello architettonico della Rimini romana

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Chi percorre fino alla fine il corso d'Augusto nella direzione opposta all’ Arco omonimo,esce dalla Rimini "romana" attraverso il ponte di Tiberio, che segna l'inizio della via Emilia , così come l'Arco d’Augusto segnava la fine della via Flaminia.

Costruito interamente in travertino d'Istria, con cinque arcate in stile dorico, il ponte rappresenta una delle più notevoli architetture romane superstiti e permette di attraversare il Marecchia, il fiume che per secoli ne ha costituito il limite settentrionale.

Le cinque arcate del ponte sono ad archi in tutto sesto, mentre i sei piloni di sostegno sono obliqui rispetto all’asse del ponte, allo scopo di resistere alle forti correnti del fiume.

Dalle basi di tali piloni sporgono degli speroni lapidei che servivano come frangiflutti, mentre le fondamenta dei singoli piloni non sono disgiunte gli uni dagli altri ma formano un unico blocco, che assicura la stabilità più completa.

Il valore di quest’opera è tale, al punto che fu studiata ed ammirata da grandi artisti come Giovanni Bellini, Andrea Palladio e Antonio da Sangallo.

L’effetto di grandiosità e d’armonia che caratterizza il monumento ne evidenzia gli elementi essenziali della sua struttura, come l’imponenza dei piloni e gli speroni frangiflutti, mentre l’armonioso digradare degli archi viene sottolineato dal rilievo delle ghiere e il piano stradale è percettibile nella sporgenza di una semplice cornice sostenuta da mensole, facendo risaltare tutta la loro purezza in un gioco plastico sottilmente calcolato, fondendosi in un insieme unitario arricchito con alcune sobrie decorazioni di delle chiavi di volta, come gli emblemi in onore di Augusto scolpiti in rilievo, e dalle quattro finestre cieche rettangolari che, pur se appena incavate, adornano i piloni.
Non si sa molto sulle vicende legate al ponte, in quanto le prime notizie storiche risalgono al 552 quando il condottiero goto Usdrila ne tagliò l’ arcata settentrionale, che si dirigeva nella direzione del borgo, per impedire al generale bizantino Narsete di raggiungere Roma.

Successivamente quella stessa arcata subì gravi danni a causa di una piena del fiume verso il Trecento.

Nel 1680 il ponte venne restaurato dal architetto ferrarese Mantinelli su ordine del Papa Innocenzo XI e nel 1742 le truppe spagnole danneggiarono nuovamente il ponte che fu però in seguito ripristinato come dimostra un’incisione che si può intravedere fra la prima e seconda arcata, mentre nel 1944 i tedeschi in ritirata inserirono nei piloni alcuni fornelli per mine che per fortuna non riuscirono a far brillare.

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